Rincari su mascherine in lockdown, in 5 rischiano processo

Avrebbero speculato sull’emergenza Covid, stipulando con le Asl pugliesi, durante il lockdown del marzo 2020, contratti per forniture di migliaia di mascherine Ffp2 e Ffp3 con rincari dal 41 al 4.100%.

La Procura di Bari ha chiesto il rinvio a giudizio di cinque imprenditori per i reati, a vario titolo contestati, di manovre speculative sul mercato, tentata truffa aggravata e frode in pubbliche forniture.

L’udienza preliminare inizierà il prossimo 20 maggio dinanzi alla gup del Tribunale di Bari Paola Angela De Santis. Stando alle indagini della Guardia di finanza, sarebbero stati applicati sovrapprezzi via via crescenti nel corso dei diversi passaggi della filiera commerciale, arrivando a vendere mascherine del valore di poche decine di centesimi fino a oltre 20 euro ciascuna.

La Guardia di finanza ha accertato, che una delle società, la Sterimed, avrebbe stipulato con la Asl di Bari un contratto per la fornitura di 500mila “mascherine e analoghi dispositivi di protezione individuale senza avere la materiale disponibilità dei dispositivi al momento dell’offerta, cosiddetta vendita allo scoperto”.

Per la società Servizi Ospedalieri il contratto con la Asl di Bari prevedeva la vendita di 1 milione di mascherine Ffp2 con rincari sino al 62,5% . Le accuse rivolte agli imprenditori Canosino e a Rubino riguardano vicende collegate legate all’acquisto di mascherine dalla Cina pagate 36 centesimi, poi rivendute a circa 6-7 euro alla Penta, la quale, a sua volta, le avrebbe vendute alla Aesse Hospital al doppio, con rincari complessivi superiori al 4mila%. Un ulteriore sovrapprezzo del 49% sarebbe stato applicato dalla società barese alle Asl di Bari, Taranto, Lecce, Brindisi e al